Nato a Porto Alegre (Brasile) – Morto a Reggio Calabria 2 giugno 1916 15 dicembre 1975

Profilo Vittorio Dante Forno era nato a Porto Alegre (Brasile) il 2 giugno 1916 da genitori siciliani. Nel 1924 venne in Sicilia con la mamma, la quale, per dargli un’educazione completa, lo mandò nel collegio salesiano di Pedara (CT).

Lì il Signore gli fece sentire i primi segni della chiamata, e per questo passò a San Gregorio (CT), dove fu ammesso al noviziato e completò gli studi teologici. Ordinato Sacerdote il 9 giugno 1940, fu mandato come docente prima a San Gregorio (CT) e poi a Pedara (CT), ma fu soprattutto un grande animatore di oratori giovanili.

Ciò che principalmente caratterizzò la sua attività a favore dei giovani fu l’opera della “S.P.I.G.A.” (Soccorsi per i Giovani Abbandonati), sorta subito dopo la seconda guerra mondiale e nella quale si prodigò per salvare tanti ragazzi dalla miseria morale e materiale, assicurando loro un ricovero, sfamandoli, vestendoli, allontanandoli dalla strada e dal vizio, dal vagabondaggio e dagli artigli della malavita. Erano, questi “Sciuscià” catanesi, ben 3.000: queste cifre ci fanno capire quanto fosse appassionato il suo amore per i poveri.

Anche a Palermo Don Forno si prodigò a favore dei poveri, impegnandosi, per incarico del Card. Ruffini, nella P.O.A., mostrando in ogni attività energia, entusiasmo e grande dirittura morale.

Da Palermo passò a Messina dove fu dapprima docente nello studentato teologico “S. Tommaso”. Successivamente chiese di impegnarsi nella Parrocchia di S. Matteo alla periferia della città.

Nella sua anima maturava sempre più viva l’urgenza di una donazione interiore più assoluta che, nella partecipazione al sacrificio redentore del Cristo, realizzasse integralmente l’offerta totale della propria vita nel calice santo. Su questa esperienza si fonda l’ansia apostolica di associare nello spirito della Vergine Corredentrice, altre persone generose assimilate al Sacerdozio di Cristo.

Trasferito nell’autunno del 1954 alla residenza di S. Gregorio(CT) e successiva- mente a quella di Riesi (CL), chiese ed ottenne l’uscita dalla congregazione Salesiana nel 1958, anno in cui fu accolto da S.E. Mons. Giovanni Ferro, Arcivescovo di Reggio Calabria che il 25 Marzo 1963 emise il decreto di approvazione del nascente istituto.

Nell’Arcidiocesi di Reggio Calabria si impegno nei vari settori dell’apostolato, come Assistente per il Movimento Studenti di Azione Cattolica, Cappellano nelle Colonie, Vicario Cooperatore nelle parrocchie del SS.mo Salvatore e del S. Cuore ai ferrovieri, docente nei cori della CIF e della Protezione della Giovane, Direttore Diocesano della Legione di Maria, Direttore Diocesano delle Pontificie Opere Missionarie, Insegnante di Religione nelle Scuole Statali fino alla definitiva incardinazione nel clero diocesano.

La passione sacerdotale di Don Dante Forno si espresse totalmente nella cura dell’opera affidatagli da Dio: le Figlie di Maria Corredentrice, cui tracciò un ideale di vita sulle orme della Vergine Corredentrice.

La sua forte fibra già logora dall’operosità sacerdotale e minata dalla sofferenza, cedette all’intensità della malattia. Il 15 Dicembre 1975, in Reggio Calabria, lasciò la terra per avviarsi al cielo. Le sue ultime invocazioni riassumono la sua vita: “Sì, sono nella gioia. Vale la pena vivere un’intera vita per arrivare a quest’istante che illumina tutta l’esistenza”.[/swm_tab][swm_tab title=”Preghiere” icon_name=”- Select Icon -“][swm_one_third first]

A Gesù Crocifisso

Crocifisso Signore Gesù
amore che ti saturasti di obbrobri
per i peccati miei,
umiltà vivente nelle carni straziate
del Tuo corpo piagato e senza vita,
io so bene, e lo confesso,
che non son degno
del Tuo amore e del Tuo perdono.
Io vedo nell’orgoglio del mio spirito
il carnefice delle Tue carni immacolate.
Io mi vedo intrecciar con queste mani
la corona che recinse la Tua fronte!
Mille spine la trafissero, o Signore,
quante furono le superbie del pensiero.
Di sputi io ricoprii e di percosse
quel Tuo volto adorabile, o Signore!
Orgoglio, vanità presunzioni mie
Ti ridussero in quel modo, o Bene mio!
Ti confissero le mani e i piedi in croce,
Ti trafissero il cuore…
E Tu compisti, nell’umiltà suprema,
il gran mistero che riparò l’orgoglio umano.
Io Ti contemplo, Crocifisso mio Gesù,
Amore mio, nell’umiltà che riparò l’orgoglio mio!
Dissolvi, o mio Gesù, in pianto amaro
questi occhi e questo cuore che son di sasso.
Amore, fatto umiltà per amor mio,
ricopri del Tuo stesso obbrobrio
quest’io superbo che Ti offende ancora,
perché, nell’umiltà del mio soffrire,
io m’innamori dell’umiltà del Tuo patire;
perché nulla pretenda e nulla chieda,
contento di disprezzo e di ogni ingiuria;
trascurato, dimenticato, abbandonato,
solo con Te, sulla Tua croce, o Dio;
felice di ogni obbrobrio e d’ogni tormento
per riparare l’orgoglio mio, o Signore,
per saziarmi dell’umiltà Tua, o Gesù,
Amore fatto umiltà per amor mio!

(Dagli scritti di Padre Forno)

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CROCIFISSI CON CRISTO GESU’

Nel calice santo – dorato – splendente,
in quella patena radiante – lucente,
ho posto il mio cuore vicino a Gesù.
ho posto il suo cuore con quel di Gesù !
Poi, alto elevando le mani
che un giorno affiggesti alla Croce di Cristo,
Ti offersi più vittime, o Dio,
e Ti chiesi un abbraccio di pace
e Ti chiesi un abbraccio d’amore!
Di pace per il mondo, sconvolto
da1l’odio e da mille furori;
d’amore per noi peccatori
gementi fra tanti dolori
nell’esilio lontani da Te!
Ma il Tuo abbraccio d’amore, o Signore,
è saetta che il cuore ferisce,
è fornace che tutto divora!
Io Ti chiedo un abbraccio d’amore.
io Ti chiedo una piaga nel cuore,
io Ti chiedo che tutto consumi
questi cuori il Tuo amore, o Signore!
Oh, colpisci, ferisci con dardi d’amore,
consuma, divora con fiamme d’amore
queste vittime che s’offrono a Te!

(Dagli scritti di Padre Forno)

Maria Visita le Famiglie

… E guarderemo ancora
le Tue mani morbide e leggere…
Mani di mamma
che hanno fasciato, cullato, accarezzato il buon Gesù!
Che hanno sostenuto, guidato i Suoi primi passi!
Che hanno accudito ogni giorno con amore,
ai lavori della casa, dell’orto e di cucina…
che hanno accesa ogni sera la tenue lampada
per la veglia nella luce e nel lavoro!
E implorano pietà e compassione per Gesù
oltraggiato, flagellato e crocifisso!
Che lo hanno accolto deposto dalla Croce
e ricomposto nel sepolcro della morte!..
Siano come le Tue, le nostre mani, o Madre!

(Dagli scritti di Padre Forno)
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ANSIA DI AMORE A GESÙ EUCARESTIA

Amore, Amore, che mi feristi il cuore,
Gesù, mio Dio, che di Te mi pasci,
dissetami con quell’acqua che Ti sgorgò dal petto
mentre avide accosto le mie labbra arse
alla ferita che Ti produsse in cuore il mio peccato!
Ho fame, ho sete, Gesù, mio Dio;
ed è fame e sete ardente dell’Amor Tuo
ciò che mi consuma e strugge
questo povero cuore che è pien di vuoto,
perciò mi abbraccio a Te
e a Te mi unisco in spirito.
Poi Tu verrai. ..
Pan che dal ciel discendi
e in me dimorerai!
Raccoglierai il pentimento del cuor contrito
che s’inabissa nella Tua presenza e nel suo nulla;
infiammerai d’amore tutta me stessa,
o Amore, Amore, che mi feristi il cuore!

(Dagli scritti di Padre Forno)

Una culla tutta d’oro
è già pronta nel mio cuore:
vieni a nascervi, o Gesù!
Nella notte luminosa,
stretti, stretti in un sol cuore,
piano, piano, sottovoce,
Ostia pura, immacolata,
quante cose ci diremo,
mentre gli Angeli, con Maria,
stan prostrati ad adorarti!
Come stella luminosa
brillerai sul mio cammino:
segnerai con la Speranza
i traguardi della Fede
per svelarmi nella croce
i misteri del tuo Amore.
Vieni, vieni, Gesù mio,
presto, presto, non tardare!
Una culla di candore,
profumata come giglio,
è già pronta nel mio cuore:
vieni a nascervi, o Gesù!

(Dagli scritti di Padre Forno – 25 dicembre 1967)

Bethania
è pace serena di cuori che amano!
è dolce abbandono nel mite Gesù.
Bethania è riposo di Lui
Bethania è riposo con Lui!
Bethania è purezza discesa dai cieli,
è palpito bruciante d’ amore.
Ai piedi del dolce Gesù
è l’estasi di ogni felicità.
Col capo posato sul cuore di Lui,
è dolce la croce,
è bello morire.
Bethania è profumo di rose e di gigli
è palpito ardente d’amore
che anticipa in terra
il bel Paradiso.
Padre Forno Messina 27 maggio 1953
Preghiera per ottenere la glorificazione di Rosella Stàltari
O beatissima Trinità, fonte inesauribile di ogni bene,
Tu che prediligi coloro che,abbandonata ogni cosa,
si mettono con zelo sulla via della perfezione, glorifica,
se a Te piace, la Tua serva fedele Rosella Stàltari, la quale,
rinunciando alle attrattive di questo mondo, praticò esemplarmente
e con amore i consigli evangelici.
Dona anche a noi di adempiere con zelo i doveri del
nostro stato e meritare la gloria del Paradiso. Per le preghiere
di Rosella, Signore, concedici la grazia… che con grande
fiducia invochiamo.

Amen

Tre Gloria al Padre

Con Approvazione Ecclesiastica, Napoli 14 Marzo 1975
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Uomo per gli altri col coraggio della fede (1)

Don Giulio Bianchini 

Salesiano

     Con Don Forno ebbi a trascorrere insieme qualche mese in un momento difficile della sua vita; potei poi rivederlo per alcuni giorni qui a Reggio, consunto nel corpo ma con l’anima ancor più sensibile che in passato. Sulla scia dunque, di questi pochi ricordi personali vorrei, non dico ricostruire, ma tentare il suo profilo morale, senza però poter entrare nel segreto del suo cuore, perché non è facile cogliere la sua statura come non è facile vedere il profilo dei monti abitandovi troppo sotto.

     Volontà – Don Forno possedeva una non comune forza di volontà e una tenacia che lo sostennero nelle oscurità interiori, nelle varie difficoltà, nella ricerca del campo di lavoro apostolico. In un momento particolare della sua vita si rivelò la forza di volontà: egli aveva ricevuto da Dio l’ispirazione, diciamo pure il carisma, di una nuova fondazione, e avrebbe voluto realizzarla senza staccarsi dalla Congregazione Salesiana. Ma le sue intenzioni non furono sufficientemente valutate e forse neppure comprese con esattezza. Ed allora si vide costretto, senza amarezze e contro il proprio volere, a spezzare i vincoli giuridici con la Società Salesiana, per poter seguire l’impulso venutogli dall’alto ed attuare la vagheggiata fondazione. Ma nel cuore e nell’azione resterà sempre salesiano, ne conserverà mai rancore per nessuno. Questo era un passato che non amava troppo ricordare – è vero – e quando ne parlammo qui a Reggio, egli mi apparve completamente distaccato dagli avvenimenti vedendo in essi la misteriosa trama divina; e forse per lui si è avverato quanto si legge nel testamento spirituale del Cardinale da Costa Nunes, spentosi a quasi 97 anni: “Quando guardo al mio passato, vedo tracciata una linea ben diversa da quella che io immaginavo ed è stata quella che ho dovuto percorrere”.

     La tenacia caratterizzò in modo vistoso il suo operare. Dante Forno non fu uomo da fermarsi a metà strada, anche se ricercava umilmente il consiglio di persone sagge, prudenti ed esperimentate. Le sue decisioni non sono mai state accettazione d’un programma elaborato da altri, bensì una scelta personale, sorretta dalla volontà divina e protesa alla realizzazione d’un ideale veramente caritativo.

     Umanità – Vi sono persone, il cui carattere presenta una specie d’inclinazione naturale a donarsi agli altri; si dice allora che sono ricche d’umanità. E questa una capacità tutta singolare di immergersi nel mondo interiore del prossimo, di partecipare ai suoi pensieri e ai suoi sentimenti. In Don Forno le motivazioni religiose restarono fortissime, ma la sua ricchezza di umanità e il corredo di qualità umane furono determinanti. L’innata sensibilità e la bontà di cuore, affinate dalla sofferenza personale e dall’esperienza apostolica, conferirono alla sua personalità una tendenza particolare ad amare il prossimo, a vivere i problemi degli altri, a dedicarsi alla gioventù con quel- l’ansia apostolica, che aveva attinto alla scuola di San Giovanni Bosco.

     Per gli altri – Don Forno potrebbe essere qualificato con termine tecnico un estroverso. Il suo atteggiamento di fronte al mondo fu perfettamente intonato ai principi dottrinali che il Concilio ha fissato nella costituzione pastorale “Gaudium et Spes”: non fuga dal mondo, ma apertura. Egli non fuggì dal giovani, dal parrocchiani, dalle anime che a lui ricorrevano: andò verso di loro, li guardò con rispettosa considerazione e vibrò emotivamente con essi. Il suo mondo interiore – come si può desumere da alcune preghiere da lui composte per uso personale fu indubbiamente ricco di profondo raccoglimento e di contenuti spirituali, dal quali l’energia necessaria per agire; ma questo mondo interiore non gli proibì di aprirsi alle necessità esterne degli altri; anzi possiamo qui re una caratteristica trasfusa nella sua fondazio-ne: aver l’animo contemplativo e dedicarsi ai bisogni del prossimo (2).

     Fare la verità – Don Forno, pur possedendo una solida cultura umana e religiosa, non fu una mente speculativa, la cui vita scorra, di preferenza, a livello cerebrale e teorico. Egli andò A concreto. Il sano equilibrio mentale lo tenne sempre lontano dagli estremismi, giacché sapeva discernere nelle cose e negli uomini il tanto -i bene o di male che contenevano o rappresentavano. Ne risultò un’armonica completezza –i doti che, unite ad una non comune resistenza alla fatica, gli consentirono di trascinare molti sulla sua stessa strada e di accomunare tutti allo stesso passo.

     Il coraggio del rischio – Il coraggio è la condizione indispensabile per il sorgere di istituzioni religiose o sociali, e non si verificano svolte decisive senza uomini coraggiosi che sappiano e vogliano rischiare qualcosa di proprio. Don Forno si trovò anche lui nella condizione di affrontare un rischio, e poiché non era un pavido, accentrò nell’esecuzione del suo programma ogni energia ed ogni sforzo, e abbandonò o trascurò tutto ciò che gli apparve secondario, per mirare unicamente all’essenziale.

     L’educatore – Ma dove egli dimostrò il meglio di se stesso fu nel campo dell’educazione giovanile, per la quale aveva consacrato tutta la vita. L’educatore è un animatore, un seminatore d’entusiasmo e d’ottimismo, di passione e di slancio vitale. Cresciuto e formatosi alla scuola salesiana, dove i primi suoi superiori avevano attinto da Don Bosco o dai suoi immediati successori le idee geniali del Santo, egli diventò un conoscitore di uomini e uno stimolatore di energie. Ebbe il dono di saper infondere ideali ed aspirazioni sante; seppe presentare il bene come hanno fatto tutti gli educatori santi – in una luce così avvincente da affascinare anime generose e ricettive. In questi uomini sembra di trovare una perenne giovinezza: gli anni e i disturbi di salute poterono fiaccare il corpo, ma non lo spirito che restò sempre trasparente, senza maschera, dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. Fu perennemente giovane. Non conobbe rimpianti né sclerosi né pericolosi ritorni di fiamma, perché l’amore, nella sua più genuina accezione, lo pungolò verso una dedizione, un’abnegazione, che a lui appariva sempre insufficiente.

     Devo riconoscere che l’incontro con Don Forno, anche se breve e saltuario, ha lasciato in me una traccia: un Sollievo, un invito, il germe di un’idea, la grazia d’un conforto, una speranza nuova. L’averlo ritrovato dopo molti anni, in circostanze apparentemente fortuite, ma certamente volute o almeno permesse da Dio, è stata una sorpresa e una scoperta; sempre una grazia.

     Maturazione – Chi si apre agli altri finisce col non avere più animo né tempo per impietosirsi su se stesso. Così m’apparve Don Forno, quando gli raccomandai fraternamente di aver maggior cura della propria salute. E’ già meraviglioso uscire fuori di sé per andare incontro al prossimo in un rapporto d’amicizia; ma è incomparabilmente più bello uscire da sa per porsi al servizio degli altri; ed offrire a chi è solo o troppo fragile la sicurezza d’una presenza (3)

     Vocazione – Don Forno partì dalla visione della vita come vocazione. La Bibbia è piena di chiamate, di gesti di Dio che d’improvviso si fissano su un uomo. “La vocazione – dice Paolo Vi invano coperta dal suo silenzioso riserbo, dalla sua voluta umiltà, si accende allo sguardo di tutti, come un episodio singolarissimo di libertà, di coraggio, di consapevolezza, di generosità, di spiritualità, e possiamo pur dire di fortezza e di bellezza” (Paolo VI, alle Superiore Maggiori d’Italia, 12 gennaio 1967). La vocazione non è qualcosa che si ha, ma qualcosa che si è; più che come cosa posseduta, si definisce come il dinamismo interiore di una persona.

Carattere contemplativo della sua spiritualità – La spiritualità di Don Forno esprime anche un certo carattere contemplativo. “La contemplazione – ha scritto recentemente il Cardinale Pironio ci fa scoprire il piano di Dio, il passaggio del Signore nella storia, l’attività incessantemente ricreatrice dello Spirito. Un vero contemplativo ci fa comprendere tre cose: che l’unica cosa che importa è Dio, che Gesù vive tra gli uomini e compie da pellegrino il cammino con noi verso il Padre, e che l’eternità è incominciata e marciamo con Cristo verso la consumazione del Regno” (4). (Oss. Rom., 29 – 30 nov. 1976).

     Don Forno si pose in ascolto umile e docile della parola di Dio e lì Dio si comunicò a lui, sempre nel chiaroscuro della fede, facendogli balenare ciò che chiedeva da lui. In questo contesto il contemplativo acquista una grande capacità per ricreare continua- mente la Parola di Dio nello Spirito facendola prodigiosamente attuale.

     Non si notava in Don Forno un grande cambiamento nel passare dal lavoro alla ricreazione, alla preghiera, ai pasti…, perché qualcosa nella sua anima rimaneva inalterato pur nel variare delle occupazioni: la sua unione con Dio. Così possiamo spiegarci il suo raccoglimento, la viva devozione eucaristica, la sensibilità d’animo, la propensione a leggere nella tra- ma degli avvenimenti il gesto di Dio. Perciò spesso ripeteva sorridendo la nota espressione, che Dio scrive diritto sulle nostre righe storte.

     Il fondatore – Ma soprattutto non si può trascurare l’opera che aveva fondato con tanta speranza e per la quale ha anche sofferto nell’intimo del cuore (5). Quando i Fiorentini vollero onorare Cesare Poggi, che aveva donato loro il meraviglioso Viale dei Colli, murarono al Piazzale Michelangelo la significativa epigrafe: “Volgetevi attorno: ecco il suo monumento!”. Posso ripetere anch’io le medesime parole: volgetevi attorno e osservate queste figliuole che l’hanno seguito nella consacrazione a Dio con gioia di spirito e con fiduciosa speranza: ecco il suo momento! L’opera che egli ha lasciato fu ideata a Messina nel 1952, sorse in umiltà e povertà a Catania nel 1955 e fu trasferita qui a Reggio nel 1959, accolta con magnanimità di cuore dal venerato Pasto- re dell’Arcidiocesi.

     Le Figlie di Maria Santissima Corredentrice hanno lo scopo di “… formare delle persone che, in obbedienza docile alla volontà del Padre, in unione a Gesù Sacerdote, secondo l’esempio della Vergine Corredentrice, offrano la propria vita a Dio perché la missione ministeriale del Sacerdote produca la piena disponibilità all’accoglienza della grazia nel cuore degli uomini” (Costituzioni, art. 1).

     Don Forno era rimasto colpito dalle parole esortative di Pio XII alle religiose di clausura il 2 agosto 1958: “Lungi dal rinchiudervi grettamente in voi stesse tra i muri del monastero, la vostra unione con Dio vi allarga intelletto e cuore secondo le dimensioni del mondo e l’opera redentrice di Cristo, che si perpetua nella Chiesa”.

     Era allora necessario, per raggiungere questo fine, che l’opera potesse avere una struttura religiosa piuttosto elastica e agile, ed ecco perciò le Figlie di Maria Corredentrice mettersi in stato di offerta e di dedizione totale e assoluta alla volontà di Dio (cfr. Costituzioni, art. 4), partecipando all’Eucaristia, alla liturgia delle ore e all’adorazione eucaristica, ma nello stesso tempo dedicandosi all’apostolato attivo con asili, scuole, collegi e altre opere a favore della gioventù.

     Don Forno è scomparso andando incontro al suo Dio, che aveva invocato nella preghiera, che aveva visto nei poveri e nel bisognosi, che aveva amato ardentemente quaggiù. Di lui sono rimasti, a nostro conforto, gli esempi di vita sacerdotale, gli insegnamenti elargiti con tanta profusione; è rimasta soprattutto la sua opera, la pupilla degli occhi suoi (6).

  • (1) Commemorazione tenuta a Reggio Calabria il 15 dicembre 1976, nel l’ anniversario della morte.

  • (2) Ha lasciato scritto: “Con Gesù che benedice e santifica sarà bello dare, dare sempre, senza limiti e senza rimpianti perché si sazi di amore Lui che chiede solo amore” (12.1X.1955). 

  • (3) “Tutto di Gesù e tutto di Maria, per essere tutto dei Sacerdoti e della Chiesa”: ecco un suo proposito scritto

  • (4) Ma soprattutto ripeteva: “Non voglio nulla che non sia conforme alle esigenze dell’Amore redentore” (28.V.1969).

  • (5) “Le opere di Gesù si pagano col sangue” (13.1V.1953); d’altronde, questo era il suo desiderio: “Io sento il bisogno bruciante del Crocifisso, libero da ogni presunzione. Mi urge possederlo presto. ormai ho capito che solo la sofferenza potrà fermarlo possedere” (1 5.1V. 195 7).

  • (6) E ricordate a vostro conforto, le parole di Don Forno: “Vorrei vedervi serene, abbandonate (in Dio), Piene di fede, di quella fede che crede perché non capisce, di quella speranza che spera oltre ogni speranza; di quella carità che arriva fino all’assurdo della fiducia, fino al paradosso della follia” (16.1V.1957)

 

  1. Dante Forno

Profeta – Sacerdote – Martire

Mons. Aurelio Sorrentino,

Arcivescovo di Reggio Calabria

     Se amassi i luoghi comuni potrei definire il sac. Dante Forno un profeta scomodo. Preferisco invece definirlo, semplicemente, un sacerdote dal cuore grande, dotato di forte personalità, di alto senso della giustizia, di straordinario amore alla Chiesa.

     Certo, D. Forno fu anche profeta e, come tutti i profeti, anche lui non fu sempre compreso; come tutti i profeti, avvertì precocemente i tempi nuovi e i problemi emergenti; come tutti i profeti, fu posto come sentinella alla casa di Israele; come tutti i profeti, riceve dal tempo postumi riconoscimenti ed elogi.

     Ma D. Forno è stato soprattutto sacerdote, che ha saputo trovare e battere nuove vie, che ha saputo impostare nuovi metodi di pastorale. Tenace nel perseguire la sua missione, era instancabile, come S. Paolo, proteso in avanti: «Proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil. 3,13).

     Questa è l’immagine, che, pur senza averlo conosciuto di persona, mi son fatto di lui attraverso la lettura di alcuni documenti che trattano di lui, attraverso l’ascolto di testimonianze di persone che l’hanno conosciuto, soprattutto attraverso la vita delle Figlie di Maria Corredentrice, la Congregazione Religiosa da lui fondata, che incarna fedelmente il suo spirito e vive della sua memoria.

     A lui si possono riferire le parole del Vaticano II:

     «Al presbiteri, anche se non tenuti a servire tutti, sono affidati in modo speciale i poveri e i più deboli, ai quali lo stesso Signore volle dimostrarsi particolarmente unito… Nell’edificare la comunità cristiana i presbiteri non si mettono mai al servizio di una ideologia o umana fazione, bensì, come araldi del Vangelo e pastori della Chiesa, si dedicano all’incremento spirituale del corpo di Cristo» (Presbiterorum Ordinis, n. 6).

     Il suo ministero a favore dei poveri non ha nulla di paternalistico, né  l’amore verso di essi lo portò mai, neppure in momenti gravi, a compro- messi o a favoritismi verso chicchessia. Buona parte del suo ministero si svolse negli anni turbinosi dell’immediato dopoguerra, quando scarseggiavano viveri e lavoro e bambini macilenti erano esposti al vizio e alla fame. D. Forno si gettò con tutto il suo entusiasmo nella cura dei piccoli, dimostrando anche in questa attività una particolare dote di organizzatore.

     E anche in questo ministero metteva in pratica quanto fra poco avrebbe detto il Vaticano II: «Affinché l’esercizio della carità possa essere al di sopra di ogni sospetto si consideri nel prossimo l’immagine di Dio, secondo cui è stato creato, e Cristo Signore, al quale è veramente donato quanto si (là al bisognoso; si abbia riguardo, con estrema delicatezza, alla libertà e dignità della persona che riceve l’aiuto; la purezza d’intenzione non sia mai macchiata a ricerca alcuna della propria utilità o da desiderio di dominio; siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia perché non si offra come dono di carità ciò che è dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non solo gli effetti, ma anche le cause dei mali; l’aiuto sia regolato in mo- do tale che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dal- la dipendenza altrui e divengano autosufficienti» (Apostolicam Actuositatem, n. 8).

     Fu soprattutto in questa opera di carità, svolta con preveggente intuito, con assoluta chiarezza di impostazione e con totale impegno, che D. Forno ebbe a soffrire dolorose incomprensioni. Era lo scotto da pagare, o meglio la via crucis che doveva percorrere.

     Nonostante tutto D. Forno, non si piegò mai ne permise che, cosa potesse essere destinata a fini diversi da quelli che riguardavano i ragazzi, destinatari degli aiuti concessi. Piuttosto che agire contro coscienza, preferiva lasciare il campo e dedicarsi, ad altre iniziative, passando in altri luoghi.

     Non credo sia necessario scendere a particolari. Gli scritti, che qui vengono pubblicati, a chi sa leggerli in filigrana, dicono molto di  più di quanto può apparire a una affrettata e superficiale lettura.

     Non mi soffermo neppure sulla sua preparazione teologica e culturale, sul suo carisma salesiano, interpretato e vissuto in maniera del tutto personale, ma con tanta intensità da richiamare sulla sua scia altre anime, che il suo continuano e rivivono in fedele servizio alla chiesa di DIO.

     Profeta e sacerdote, ma anche martire, non solo classico di testimonianza, ma anche nel senso di offerta sacrificale. «Martirio, scrisse lui stesso in un momento particolarmente doloroso della sua vita, Marti- rio: è rifiutare ogni ideale che manchi di infinito, ogni opera che non si inserisce nell’opera di Dio; è camminare senza distendersi mai, rifiutare ogni conforto umano; non dire mai basta, finché non lo dice Lui; camminare nella strada che non finisce mai».

     Una strada che si chiuse alla clinica Morelli di Reggio Calabria, dopo ripetuti infarti, dopo la recita del Rosario, alle ore 23,45 del 15 dicembre 1975.

     Le ultime parole ci danno la chiave di lettura di tutta la sua vita: «Si, sono nella gioia. Vale la pena vivere un’intera vita per arrivare a questo istante che illumina tutta l’esistenza». Aveva 59 anni.

Reggio Calabria, 15 dicembre 1985,
decimo anniversario della morte 

A Gesù Crocifisso

Crocifisso Signore Gesù
amore che ti saturasti di obbrobri
per i peccati miei,
umiltà vivente nelle carni straziate
del Tuo corpo piagato e senza vita,
io so bene, e lo confesso,
che non son degno
del Tuo amore e del Tuo perdono.
Io vedo nell’orgoglio del mio spirito
il carnefice delle Tue carni immacolate.
Io mi vedo intrecciar con queste mani
la corona che recinse la Tua fronte!
Mille spine la trafissero, o Signore,
quante furono le superbie del pensiero.
Di sputi io ricoprii e di percosse
quel Tuo volto adorabile, o Signore!
Orgoglio, vanità presunzioni mie
Ti ridussero in quel modo, o Bene mio!
Ti confissero le mani e i piedi in croce,
Ti trafissero il cuore…
E Tu compisti, nell’umiltà suprema,
il gran mistero che riparò l’orgoglio umano.
Io Ti contemplo, Crocifisso mio Gesù,
Amore mio, nell’umiltà che riparò l’orgoglio mio!
Dissolvi, o mio Gesù, in pianto amaro
questi occhi e questo cuore che son di sasso.
Amore, fatto umiltà per amor mio,
ricopri del Tuo stesso obbrobrio
quest’io superbo che Ti offende ancora,
perché, nell’umiltà del mio soffrire,
io m’innamori dell’umiltà del Tuo patire;
perché nulla pretenda e nulla chieda,
contento di disprezzo e di ogni ingiuria;
trascurato, dimenticato, abbandonato,
solo con Te, sulla Tua croce, o Dio;
felice di ogni obbrobrio e d’ogni tormento
per riparare l’orgoglio mio, o Signore,
per saziarmi dell’umiltà Tua, o Gesù,
Amore fatto umiltà per amor mio!

(Dagli scritti di Padre Forno)

Crocifissi con Cristo Gesù

Nel calice santo – dorato – splendente,
in quella patena radiante – lucente,
ho posto il mio cuore vicino a Gesù.
ho posto il suo cuore con quel di Gesù !
Poi, alto elevando le mani
che un giorno affiggesti alla Croce di Cristo,
Ti offersi più vittime, o Dio,
e Ti chiesi un abbraccio di pace
e Ti chiesi un abbraccio d’amore!
Di pace per il mondo, sconvolto
da1l’odio e da mille furori;
d’amore per noi peccatori
gementi fra tanti dolori
nell’esilio lontani da Te!
Ma il Tuo abbraccio d’amore, o Signore,
è saetta che il cuore ferisce,
è fornace che tutto divora!
Io Ti chiedo un abbraccio d’amore.
io Ti chiedo una piaga nel cuore,
io Ti chiedo che tutto consumi
questi cuori il Tuo amore, o Signore!
Oh, colpisci, ferisci con dardi d’amore,
consuma, divora con fiamme d’amore
queste vittime che s’offrono a Te!

(Dagli scritti di Padre Forno)

Maria Visita le Famiglie

… E guarderemo ancora
le Tue mani morbide e leggere…
Mani di mamma
che hanno fasciato, cullato, accarezzato il buon Gesù!
Che hanno sostenuto, guidato i Suoi primi passi!
Che hanno accudito ogni giorno con amore,
ai lavori della casa, dell’orto e di cucina…
che hanno accesa ogni sera la tenue lampada
per la veglia nella luce e nel lavoro!
E implorano pietà e compassione per Gesù
oltraggiato, flagellato e crocifisso!
Che lo hanno accolto deposto dalla Croce
e ricomposto nel sepolcro della morte!..
Siano come le Tue, le nostre mani, o Madre!

(Dagli scritti di Padre Forno)

Ansia di amore a Gesù Eucaristia

Amore, Amore, che mi feristi il cuore,
Gesù, mio Dio, che di Te mi pasci,
dissetami con quell’acqua che Ti sgorgò dal petto
mentre avide accosto le mie labbra arse
alla ferita che Ti produsse in cuore il mio peccato!
Ho fame, ho sete, Gesù, mio Dio;
ed è fame e sete ardente dell’Amor Tuo
ciò che mi consuma e strugge
questo povero cuore che è pien di vuoto,
perciò mi abbraccio a Te
e a Te mi unisco in spirito.
Poi Tu verrai. ..
Pan che dal ciel discendi
e in me dimorerai!
Raccoglierai il pentimento del cuor contrito
che s’inabissa nella Tua presenza e nel suo nulla;
infiammerai d’amore tutta me stessa,
o Amore, Amore, che mi feristi il cuore!

(Dagli scritti di Padre Forno)

Una culla tutta d’oro
è già pronta nel mio cuore:
vieni a nascervi, o Gesù!
Nella notte luminosa,
stretti, stretti in un sol cuore,
piano, piano, sottovoce,
Ostia pura, immacolata,
quante cose ci diremo,
mentre gli Angeli, con Maria,
stan prostrati ad adorarti!
Come stella luminosa
brillerai sul mio cammino:
segnerai con la Speranza
i traguardi della Fede
per svelarmi nella croce
i misteri del tuo Amore.
Vieni, vieni, Gesù mio,
presto, presto, non tardare!
Una culla di candore,
profumata come giglio,
è già pronta nel mio cuore:
vieni a nascervi, o Gesù!

(Dagli scritti di Padre Forno – 25 dicembre 1967)

Bethania
è pace serena di cuori che amano!
è dolce abbandono nel mite Gesù.
Bethania è riposo di Lui
Bethania è riposo con Lui!
Bethania è purezza discesa dai cieli,
è palpito bruciante d’ amore.
Ai piedi del dolce Gesù
è l’estasi di ogni felicità.
Col capo posato sul cuore di Lui,
è dolce la croce,
è bello morire.
Bethania è profumo di rose e di gigli
è palpito ardente d’amore
che anticipa in terra
il bel Paradiso.
Padre Forno Messina 27 maggio 1953
Preghiera per ottenere la glorificazione di Rosella Stàltari
O beatissima Trinità, fonte inesauribile di ogni bene,
Tu che prediligi coloro che,abbandonata ogni cosa,
si mettono con zelo sulla via della perfezione, glorifica,
se a Te piace, la Tua serva fedele Rosella Stàltari, la quale,
rinunciando alle attrattive di questo mondo, praticò esemplarmente
e con amore i consigli evangelici.
Dona anche a noi di adempiere con zelo i doveri del
nostro stato e meritare la gloria del Paradiso. Per le preghiere
di Rosella, Signore, concedici la grazia… che con grande
fiducia invochiamo.

Amen

Tre Gloria al Padre

Con Approvazione Ecclesiastica, Napoli 14 Marzo 1975

Uomo per gli altri col coraggio della fede (1)

Don Giulio Bianchini 

Salesiano

     Con Don Forno ebbi a trascorrere insieme qualche mese in un momento difficile della sua vita; potei poi rivederlo per alcuni giorni qui a Reggio, consunto nel corpo ma con l’anima ancor più sensibile che in passato. Sulla scia dunque, di questi pochi ricordi personali vorrei, non dico ricostruire, ma tentare il suo profilo morale, senza però poter entrare nel segreto del suo cuore, perché non è facile cogliere la sua statura come non è facile vedere il profilo dei monti abitandovi troppo sotto.

     Volontà – Don Forno possedeva una non comune forza di volontà e una tenacia che lo sostennero nelle oscurità interiori, nelle varie difficoltà, nella ricerca del campo di lavoro apostolico. In un momento particolare della sua vita si rivelò la forza di volontà: egli aveva ricevuto da Dio l’ispirazione, diciamo pure il carisma, di una nuova fondazione, e avrebbe voluto realizzarla senza staccarsi dalla Congregazione Salesiana. Ma le sue intenzioni non furono sufficientemente valutate e forse neppure comprese con esattezza. Ed allora si vide costretto, senza amarezze e contro il proprio volere, a spezzare i vincoli giuridici con la Società Salesiana, per poter seguire l’impulso venutogli dall’alto ed attuare la vagheggiata fondazione. Ma nel cuore e nell’azione resterà sempre salesiano, ne conserverà mai rancore per nessuno. Questo era un passato che non amava troppo ricordare – è vero – e quando ne parlammo qui a Reggio, egli mi apparve completamente distaccato dagli avvenimenti vedendo in essi la misteriosa trama divina; e forse per lui si è avverato quanto si legge nel testamento spirituale del Cardinale da Costa Nunes, spentosi a quasi 97 anni: “Quando guardo al mio passato, vedo tracciata una linea ben diversa da quella che io immaginavo ed è stata quella che ho dovuto percorrere”.

     La tenacia caratterizzò in modo vistoso il suo operare. Dante Forno non fu uomo da fermarsi a metà strada, anche se ricercava umilmente il consiglio di persone sagge, prudenti ed esperimentate. Le sue decisioni non sono mai state accettazione d’un programma elaborato da altri, bensì una scelta personale, sorretta dalla volontà divina e protesa alla realizzazione d’un ideale veramente caritativo.

     Umanità – Vi sono persone, il cui carattere presenta una specie d’inclinazione naturale a donarsi agli altri; si dice allora che sono ricche d’umanità. E questa una capacità tutta singolare di immergersi nel mondo interiore del prossimo, di partecipare ai suoi pensieri e ai suoi sentimenti. In Don Forno le motivazioni religiose restarono fortissime, ma la sua ricchezza di umanità e il corredo di qualità umane furono determinanti. L’innata sensibilità e la bontà di cuore, affinate dalla sofferenza personale e dall’esperienza apostolica, conferirono alla sua personalità una tendenza particolare ad amare il prossimo, a vivere i problemi degli altri, a dedicarsi alla gioventù con quel- l’ansia apostolica, che aveva attinto alla scuola di San Giovanni Bosco.

     Per gli altri – Don Forno potrebbe essere qualificato con termine tecnico un estroverso. Il suo atteggiamento di fronte al mondo fu perfettamente intonato ai principi dottrinali che il Concilio ha fissato nella costituzione pastorale “Gaudium et Spes”: non fuga dal mondo, ma apertura. Egli non fuggì dal giovani, dal parrocchiani, dalle anime che a lui ricorrevano: andò verso di loro, li guardò con rispettosa considerazione e vibrò emotivamente con essi. Il suo mondo interiore – come si può desumere da alcune preghiere da lui composte per uso personale fu indubbiamente ricco di profondo raccoglimento e di contenuti spirituali, dal quali l’energia necessaria per agire; ma questo mondo interiore non gli proibì di aprirsi alle necessità esterne degli altri; anzi possiamo qui re una caratteristica trasfusa nella sua fondazio-ne: aver l’animo contemplativo e dedicarsi ai bisogni del prossimo (2).

     Fare la verità – Don Forno, pur possedendo una solida cultura umana e religiosa, non fu una mente speculativa, la cui vita scorra, di preferenza, a livello cerebrale e teorico. Egli andò A concreto. Il sano equilibrio mentale lo tenne sempre lontano dagli estremismi, giacché sapeva discernere nelle cose e negli uomini il tanto -i bene o di male che contenevano o rappresentavano. Ne risultò un’armonica completezza –i doti che, unite ad una non comune resistenza alla fatica, gli consentirono di trascinare molti sulla sua stessa strada e di accomunare tutti allo stesso passo.

     Il coraggio del rischio – Il coraggio è la condizione indispensabile per il sorgere di istituzioni religiose o sociali, e non si verificano svolte decisive senza uomini coraggiosi che sappiano e vogliano rischiare qualcosa di proprio. Don Forno si trovò anche lui nella condizione di affrontare un rischio, e poiché non era un pavido, accentrò nell’esecuzione del suo programma ogni energia ed ogni sforzo, e abbandonò o trascurò tutto ciò che gli apparve secondario, per mirare unicamente all’essenziale.

     L’educatore – Ma dove egli dimostrò il meglio di se stesso fu nel campo dell’educazione giovanile, per la quale aveva consacrato tutta la vita. L’educatore è un animatore, un seminatore d’entusiasmo e d’ottimismo, di passione e di slancio vitale. Cresciuto e formatosi alla scuola salesiana, dove i primi suoi superiori avevano attinto da Don Bosco o dai suoi immediati successori le idee geniali del Santo, egli diventò un conoscitore di uomini e uno stimolatore di energie. Ebbe il dono di saper infondere ideali ed aspirazioni sante; seppe presentare il bene come hanno fatto tutti gli educatori santi – in una luce così avvincente da affascinare anime generose e ricettive. In questi uomini sembra di trovare una perenne giovinezza: gli anni e i disturbi di salute poterono fiaccare il corpo, ma non lo spirito che restò sempre trasparente, senza maschera, dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. Fu perennemente giovane. Non conobbe rimpianti né sclerosi né pericolosi ritorni di fiamma, perché l’amore, nella sua più genuina accezione, lo pungolò verso una dedizione, un’abnegazione, che a lui appariva sempre insufficiente.

     Devo riconoscere che l’incontro con Don Forno, anche se breve e saltuario, ha lasciato in me una traccia: un Sollievo, un invito, il germe di un’idea, la grazia d’un conforto, una speranza nuova. L’averlo ritrovato dopo molti anni, in circostanze apparentemente fortuite, ma certamente volute o almeno permesse da Dio, è stata una sorpresa e una scoperta; sempre una grazia.

     Maturazione – Chi si apre agli altri finisce col non avere più animo né tempo per impietosirsi su se stesso. Così m’apparve Don Forno, quando gli raccomandai fraternamente di aver maggior cura della propria salute. E’ già meraviglioso uscire fuori di sé per andare incontro al prossimo in un rapporto d’amicizia; ma è incomparabilmente più bello uscire da sa per porsi al servizio degli altri; ed offrire a chi è solo o troppo fragile la sicurezza d’una presenza (3)

     Vocazione – Don Forno partì dalla visione della vita come vocazione. La Bibbia è piena di chiamate, di gesti di Dio che d’improvviso si fissano su un uomo. “La vocazione – dice Paolo Vi invano coperta dal suo silenzioso riserbo, dalla sua voluta umiltà, si accende allo sguardo di tutti, come un episodio singolarissimo di libertà, di coraggio, di consapevolezza, di generosità, di spiritualità, e possiamo pur dire di fortezza e di bellezza” (Paolo VI, alle Superiore Maggiori d’Italia, 12 gennaio 1967). La vocazione non è qualcosa che si ha, ma qualcosa che si è; più che come cosa posseduta, si definisce come il dinamismo interiore di una persona.

Carattere contemplativo della sua spiritualità – La spiritualità di Don Forno esprime anche un certo carattere contemplativo. “La contemplazione – ha scritto recentemente il Cardinale Pironio ci fa scoprire il piano di Dio, il passaggio del Signore nella storia, l’attività incessantemente ricreatrice dello Spirito. Un vero contemplativo ci fa comprendere tre cose: che l’unica cosa che importa è Dio, che Gesù vive tra gli uomini e compie da pellegrino il cammino con noi verso il Padre, e che l’eternità è incominciata e marciamo con Cristo verso la consumazione del Regno” (4). (Oss. Rom., 29 – 30 nov. 1976).

     Don Forno si pose in ascolto umile e docile della parola di Dio e lì Dio si comunicò a lui, sempre nel chiaroscuro della fede, facendogli balenare ciò che chiedeva da lui. In questo contesto il contemplativo acquista una grande capacità per ricreare continua- mente la Parola di Dio nello Spirito facendola prodigiosamente attuale.

     Non si notava in Don Forno un grande cambiamento nel passare dal lavoro alla ricreazione, alla preghiera, ai pasti…, perché qualcosa nella sua anima rimaneva inalterato pur nel variare delle occupazioni: la sua unione con Dio. Così possiamo spiegarci il suo raccoglimento, la viva devozione eucaristica, la sensibilità d’animo, la propensione a leggere nella tra- ma degli avvenimenti il gesto di Dio. Perciò spesso ripeteva sorridendo la nota espressione, che Dio scrive diritto sulle nostre righe storte.

     Il fondatore – Ma soprattutto non si può trascurare l’opera che aveva fondato con tanta speranza e per la quale ha anche sofferto nell’intimo del cuore (5). Quando i Fiorentini vollero onorare Cesare Poggi, che aveva donato loro il meraviglioso Viale dei Colli, murarono al Piazzale Michelangelo la significativa epigrafe: “Volgetevi attorno: ecco il suo monumento!”. Posso ripetere anch’io le medesime parole: volgetevi attorno e osservate queste figliuole che l’hanno seguito nella consacrazione a Dio con gioia di spirito e con fiduciosa speranza: ecco il suo momento! L’opera che egli ha lasciato fu ideata a Messina nel 1952, sorse in umiltà e povertà a Catania nel 1955 e fu trasferita qui a Reggio nel 1959, accolta con magnanimità di cuore dal venerato Pasto- re dell’Arcidiocesi.

     Le Figlie di Maria Santissima Corredentrice hanno lo scopo di “… formare delle persone che, in obbedienza docile alla volontà del Padre, in unione a Gesù Sacerdote, secondo l’esempio della Vergine Corredentrice, offrano la propria vita a Dio perché la missione ministeriale del Sacerdote produca la piena disponibilità all’accoglienza della grazia nel cuore degli uomini” (Costituzioni, art. 1).

     Don Forno era rimasto colpito dalle parole esortative di Pio XII alle religiose di clausura il 2 agosto 1958: “Lungi dal rinchiudervi grettamente in voi stesse tra i muri del monastero, la vostra unione con Dio vi allarga intelletto e cuore secondo le dimensioni del mondo e l’opera redentrice di Cristo, che si perpetua nella Chiesa”.

     Era allora necessario, per raggiungere questo fine, che l’opera potesse avere una struttura religiosa piuttosto elastica e agile, ed ecco perciò le Figlie di Maria Corredentrice mettersi in stato di offerta e di dedizione totale e assoluta alla volontà di Dio (cfr. Costituzioni, art. 4), partecipando all’Eucaristia, alla liturgia delle ore e all’adorazione eucaristica, ma nello stesso tempo dedicandosi all’apostolato attivo con asili, scuole, collegi e altre opere a favore della gioventù.

     Don Forno è scomparso andando incontro al suo Dio, che aveva invocato nella preghiera, che aveva visto nei poveri e nel bisognosi, che aveva amato ardentemente quaggiù. Di lui sono rimasti, a nostro conforto, gli esempi di vita sacerdotale, gli insegnamenti elargiti con tanta profusione; è rimasta soprattutto la sua opera, la pupilla degli occhi suoi (6).

  • (1) Commemorazione tenuta a Reggio Calabria il 15 dicembre 1976, nel l’ anniversario della morte.

  • (2) Ha lasciato scritto: “Con Gesù che benedice e santifica sarà bello dare, dare sempre, senza limiti e senza rimpianti perché si sazi di amore Lui che chiede solo amore” (12.1X.1955).

  • (3) “Tutto di Gesù e tutto di Maria, per essere tutto dei Sacerdoti e della Chiesa”: ecco un suo proposito scritto

  • (4) Ma soprattutto ripeteva: “Non voglio nulla che non sia conforme alle esigenze dell’Amore redentore” (28.V.1969).

  • (5) “Le opere di Gesù si pagano col sangue” (13.1V.1953); d’altronde, questo era il suo desiderio: “Io sento il bisogno bruciante del Crocifisso, libero da ogni presunzione. Mi urge possederlo presto. ormai ho capito che solo la sofferenza potrà fermarlo possedere” (1 5.1V. 195 7).

  • (6) E ricordate a vostro conforto, le parole di Don Forno: “Vorrei vedervi serene, abbandonate (in Dio), Piene di fede, di quella fede che crede perché non capisce, di quella speranza che spera oltre ogni speranza; di quella carità che arriva fino all’assurdo della fiducia, fino al paradosso della follia” (16.1V.1957)

 

  1. Dante Forno

Profeta – Sacerdote – Martire

Mons. Aurelio Sorrentino,

Arcivescovo di Reggio Calabria

Se amassi i luoghi comuni potrei definire il sac. Dante Forno un profeta scomodo. Preferisco invece definirlo, semplicemente, un sacerdote dal cuore grande, dotato di forte personalità, di alto senso della giustizia, di straordinario amore alla Chiesa.

Certo, D. Forno fu anche profeta e, come tutti i profeti, anche lui non fu sempre compreso; come tutti i profeti, avvertì precocemente i tempi nuovi e i problemi emergenti; come tutti i profeti, fu posto come sentinella alla casa di Israele; come tutti i profeti, riceve dal tempo postumi riconoscimenti ed elogi.

Ma D. Forno è stato soprattutto sacerdote, che ha saputo trovare e battere nuove vie, che ha saputo impostare nuovi metodi di pastorale. Tenace nel perseguire la sua missione, era instancabile, come S. Paolo, proteso in avanti: «Proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil. 3,13).

Questa è l’immagine, che, pur senza averlo conosciuto di persona, mi son fatto di lui attraverso la lettura di alcuni documenti che trattano di lui, attraverso l’ascolto di testimonianze di persone che l’hanno conosciuto, soprattutto attraverso la vita delle Figlie di Maria Corredentrice, la Congregazione Religiosa da lui fondata, che incarna fedelmente il suo spirito e vive della sua memoria.

A lui si possono riferire le parole del Vaticano II:

«Al presbiteri, anche se non tenuti a servire tutti, sono affidati in modo speciale i poveri e i più deboli, ai quali lo stesso Signore volle dimostrarsi particolarmente unito… Nell’edificare la comunità cristiana i presbiteri non si mettono mai al servizio di una ideologia o umana fazione, bensì, come araldi del Vangelo e pastori della Chiesa, si dedicano all’incremento spirituale del corpo di Cristo» (Presbiterorum Ordinis, n. 6).

Il suo ministero a favore dei poveri non ha nulla di paternalistico, né  l’amore verso di essi lo portò mai, neppure in momenti gravi, a compro- messi o a favoritismi verso chicchessia. Buona parte del suo ministero si svolse negli anni turbinosi dell’immediato dopoguerra, quando scarseggiavano viveri e lavoro e bambini macilenti erano esposti al vizio e alla fame. D. Forno si gettò con tutto il suo entusiasmo nella cura dei piccoli, dimostrando anche in questa attività una particolare dote di organizzatore.

E anche in questo ministero metteva in pratica quanto fra poco avrebbe detto il Vaticano II: «Affinché l’esercizio della carità possa essere al di sopra di ogni sospetto si consideri nel prossimo l’immagine di Dio, secondo cui è stato creato, e Cristo Signore, al quale è veramente donato quanto si (là al bisognoso; si abbia riguardo, con estrema delicatezza, alla libertà e dignità della persona che riceve l’aiuto; la purezza d’intenzione non sia mai macchiata a ricerca alcuna della propria utilità o da desiderio di dominio; siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia perché non si offra come dono di carità ciò che è dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non solo gli effetti, ma anche le cause dei mali; l’aiuto sia regolato in mo- do tale che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dal- la dipendenza altrui e divengano autosufficienti» (Apostolicam Actuositatem, n. 8).

Fu soprattutto in questa opera di carità, svolta con preveggente intuito, con assoluta chiarezza di impostazione e con totale impegno, che D. Forno ebbe a soffrire dolorose incomprensioni. Era lo scotto da pagare, o meglio la via crucis che doveva percorrere.

Nonostante tutto D. Forno, non si piegò mai ne permise che, cosa potesse essere destinata a fini diversi da quelli che riguardavano i ragazzi, destinatari degli aiuti concessi. Piuttosto che agire contro coscienza, preferiva lasciare il campo e dedicarsi, ad altre iniziative, passando in altri luoghi.

Non credo sia necessario scendere a particolari. Gli scritti, che qui vengono pubblicati, a chi sa leggerli in filigrana, dicono molto di  più di quanto può apparire a una affrettata e superficiale lettura.

Non mi soffermo neppure sulla sua preparazione teologica e culturale, sul suo carisma salesiano, interpretato e vissuto in maniera del tutto personale, ma con tanta intensità da richiamare sulla sua scia altre anime, che il suo continuano e rivivono in fedele servizio alla chiesa di DIO.

Profeta e sacerdote, ma anche martire, non solo classico di testimonianza, ma anche nel senso di offerta sacrificale. «Martirio, scrisse lui stesso in un momento particolarmente doloroso della sua vita, Marti- rio: è rifiutare ogni ideale che manchi di infinito, ogni opera che non si inserisce nell’opera di Dio; è camminare senza distendersi mai, rifiutare ogni conforto umano; non dire mai basta, finché non lo dice Lui; camminare nella strada che non finisce mai».

Una strada che si chiuse alla clinica Morelli di Reggio Calabria, dopo ripetuti infarti, dopo la recita del Rosario, alle ore 23,45 del 15 dicembre 1975.

Le ultime parole ci danno la chiave di lettura di tutta la sua vita: «Si, sono nella gioia. Vale la pena vivere un’intera vita per arrivare a questo istante che illumina tutta l’esistenza». Aveva 59 anni.

Reggio Calabria, 15 dicembre 1985,
decimo anniversario della morte 

L’icona in cui ogni FMC si riconosce pienamente è Maria ai piedi della croce. Come Maria, infatti, è Corredentrice perché genera l’autore della redenzione e acconsente al progetto salvifico che Dio opera in Gesù Cristo, cosi la FMC, in obbedienza docile alla volontà del Padre e in unione a Gesù Sacerdote, offre la propria vita a Dio perché la missione ministeriale del sacerdote produca la piena disponibilità alla accoglienza della grazia nel cuore degli uomini (cost.1).

Maria partecipa attivamente alla redenzione nello stile dell’offerta non solo attraverso un sacrificio silenzioso, nel nascondimento ma anche attraverso una partecipazione piena, non di secondo ordine, alla redenzione e al sacerdozio di Gesù.

La FMC conformando il suo agire a quello di Maria, fa della sua vita un’offerta totale al Padre, sacrificando la propria libertà, gli affetti, gli interessi, i desideri, perché si compia in lei la volontà di Dio.

Tale offerta conduce la FMC a vivere in una dimensione apostolica in quanto con la sua dinamica interiore contribuisce nella Chiesa alla salvezza delle anime.

E’ una dinamica che non si esprime primariamente in attività esterne e nemmeno nel solo esercizio delle proprie facoltà, ma che consacra “la sua stessa vita, con tutto il suo essere”.

Di conseguenza la spiritualità della FMC è di natura contemplativa, per cui, in qualsiasi tipo di azione sia impegnata, non è il suo “agire” a determinare il suo” essere”, ma è “l’essere con Cristo” che specifica l’azione e la porta sempre a scegliere non per se ma per Dio.

Questa attività tutta interiore trova la sua espressione più piena, non in un contatto diretto con le anime, ma in un incontro con il sacerdozio di Cristo che estende nel tempo la sua azione sacerdotale mediante i suoi ministri.